NOSSIDE

Dal Golfo di Crisa -narra STRABONE- (VI, 1,7 -11) sbarcarono sul Capo Zefirio, una colonia di locresi.

Vi rimasero tre o quattro anni e poi si trasferirono ove sorge attualmente la città, "sul ciglio di una collina detto "Esopide", dove si trova la sorgente "Locri".  Il fiume Alex segnava il confine tra il territorio di Locri e quello di Reggio; in questo luogo crebbe la città che, all'epoca greca, si distinse per essere all'avanguardia per le leggi (V - IV sec.) nelle quali il legislatore Zaleuco segnò le tracce dei diritto moderno; per le idee, per l'arte, per la poesia per la medicina, ecc.

Si è convinti che ritornare con la memoria a questo passato non significhi evocare fantasmi, ma piuttosto manifestare l'esigenza, di ogni uomo, di un popolo, - se vuole sopravvivere e far parte della storia - di conoscere le proprie origini che, nei caso di Locri Epizefiri - riguardano una città d'avanguardia nella cultura del periodo greco.

Legata fortemente alla madre patria. Si narra che addirittura la notizia di aver vinto i Crotoniati nella battaglia della Sagra sia giunta ad Olimpia lo stesso giorno.

E ancor più sul piano culturale. Si sa la connessione nell'antichità tra Nosside e Saffo, tra Locri e Mitilene e l'isola di Lesbo, luogo di nascita e di affermazione della grande lirica eolica. E' Pindaro che, elogiando in due Odi la città di Locri, dava affidamento alle Muse di onorare quel popolo ospitale e non ignaro del bello, amante della poesia e valoroso in guerra, ove era sorta una vera scuola musicale e poetica, la scuola che faceva capo a Senocrito e che contava nel suo seno altri nomi illustri quali quelli di Mnasea e Teano poetessa. E' un lirico del tenore di Pindaro che scorgeva in Senocrito, grande lirico tebano il creatore di quel genere di armonia che fu detta « Locrese » scaturita dal canto e dalla melodia che aveva trovato sui flauti e che si sarebbe usata anche in seguito.

Su tale scia, si assisteva in Locri, entrando in pieno periodo ellenistico, ad un allargarsi della cultura spirituale che, generata da un'aggiunta di elementi indigeni e popolari, si esprimeva attraverso la grande proliferazione di generi letterari ed artistici in nuove forme espressive, come, nella poesia, l'epigramma che si contraddistinse per l'espressione di senso realistico e di motivo intimo di grazia e vivacità di sentimento, anche se non elevato alla grande arte del forte pensare delle grandi idealità del precedente periodo classico.

Nelle sue prime forme espressive, si contraddistinse questo genere in Nosside come pieno di grazia e di naturale vivacità. Visse la poetessa locrese fra la seconda metà del IV SEC. e la prima del III. E da un suo epigramma sepolcrale, scritto per il poeta Rintone vissuto sotto il I Tolomeo (a. 306 -283) si ricava ch'era ancora in vita verso l'anno 283.

Si dichiarava di nascita Locrese la stessa Nosside quando in un Epigramma funerario ( il VII ) "la terra Locrese mi diede i natali" e in un altro Epigramma dedicatorio ( il VI ) affermava la sua genealogia: Nosside figlia di Cleoca, a sua volta figlia di Teòfili. E' un Epigramma figurato in una PINAX verosimilmente trovata in contrada Mannella ma conservata al Museo di Taranto. Al pari di quanto succedeva in Atene, ove Fidia ricordava nel fregio del Partenone il dono del Peplo tessuto dalle nobili fanciulle della città ad Atena, anche quì la dea, seduta in trono, riceve da tre giovani offerenti, il Peplo; parimenti legata al culto di Persefone avveniva l'offerta da parte delle famiglie dell'aristocrazia Locrese che, a sentire Polibio ( XII, 5, 6-7 ), si riconoscevano e si misuravano in riferimento agli ascendenti femminili e non maschili. E che a Locri dominasse una posizione più eminente che altrove della donna "nobile",  Nosside ne è una testimonianza.  

La predominanza dell'elemento femminile si coglie nell'Epigramma VI ( 353) ove Nosside esalta il ritratto della figlia in tutto somigliante alla Madre. Aspetto che nella cultura Greca aveva una forte connotazione socio-economica: l'ordinamento sociale si trasmetteva in continuità nel tempo se i modelli venivano recepiti dai figli, " come è bello che i figli siano pari ai genitori ! " - esclama Nosside- quasi a intendere che i padri siano modelli perfetti e per I.ocri è un caso rarissimo -" le figlie somiglino alla madre", confermando quell'ideologia che proprio a Locri le donne possedevano uno spazio sociale più esteso che altrove.

Non manca Nosside di evocare le sofferenze delle donne, cosi in un altro Epigramma ( VI 273 ) invoca la Dea Artemide che, lasciate le freccie e l'arco, aiuti la donna Alceti ad aver un parto senza molte sofferenze. Passando dall'ambiente intimo, familiare a quello più collettivo, comunitario, la poetessa Nosside trasmette un suo ardore giovanile a glorificazione della patria.

"I Bruttii gettarono via le armi dalle loro miserabili spalle sotto i colpi dei Locresi ardenti nella pugna; ad esaltazione del valore di questi, posano esse nel sacro tempio e non desiderano le braccia dei vili che le abbandonarono". E' la piena coscienza civile, di difesa delle glorie della patria locrese, dove visse un popolo valoroso nelle armi e distintasi ancor più per il grado di cultura e civiltà.

Della produzione di Nosside , sono giunti sino a noi 12 epigrammi, perché inseriti, due secoli più tardi, in una raccolta o antologia di poeti da parte di MELEAGRO (poeta egli stesso). 12 Epigrammi distribuiti nei vari libri (16 per l'esattezza) per materia: Per Nosside la massima parte (6 epigrammi) compare nel libro VI, la restante parte distribuita nel VII due epigrammi funerari e nel IX epigrammi epidittici, un solo epigramma erotico è ascritto nei libro V. In tale composizione Nosside elogia l'amore: "nulla c'è di più dolce".... "anche il miele la mia bocca rifiuta. Questo Nosside dice". Al contrario di Saffo che canta un amore inquieto, tormentato, Nosside non manifesta contrasti e tormenti.

Con piglio sicuro lo afferma ma anche fa intravedere una paternità letteraria che non si doveva fermare ai pochi frammenti, ma poteva essere l'introduzione di un libro di «componimenti erotici» che però non è giunto sino a noi. Meleagro poi accosta la poetessa a un fiore, l'iris o il gladiolo per il suo aromatico profumo e immagina come sia stato lo stesso Eros a incidere i versi sulle tavolette. Di quì la testimonianza che di tale poesia erotica si presupponga l'esistenza di altri componimenti come una produzione che la stessa poetessa locrese rivendica "alla maniera di Saffo". Lo fa in un epigramma funerario, il V. Al navigante che fa vela verso Mitilene affida il suo messaggio rivolto alle persone colte, amanti della poesia. Dichiara la propria cittadinanza locrese e d'essere cara alle Muse, per un genere di poesia che la colloca accanto alla grande cantrice di Lesbo, Saffo, vissuta tre secoli prima.  

Se si presuppone che sia stata compositrice di poesia melica ( accompagnata dalla musica, di uno strumento, lira, cetra ecc. ) e di altra di genere elegiaco con la raccolta di due libri di poesie unitamente agli epigrammi conservati, si può affermare l'affinità che lega la poetessa Locrese a quella colta, raffinata dell'ambiente lesbico, dalla cui rupe della sua isola, Saffo lasciò cadere il suo corpo per liberarne la sua anima.  

Anche Nosside affidò i sui scritti al navigante. Egli, nell'affondare della sua nave, uscì incolume senza  - vogliamo immaginarlo - riuscire a salvare quei due rotoli di Nosside che, spinti dai marosi, andarono ad unirsi per sempre ai resti mortali di Saffo, nella stessa acqua dell'Egeo. Nosside =Pulcino

Maria Macrì