ANTONIO TRIFOGLIO

“Donne alla finestra” - 1970 - 50x35

Nato nella Locride, a S. Ilario dello Ionio, un paesino cresciuto di fronte alle mura ovest dell’antica Locri Epizefiri: terra di Persefone, Zaleuco, Senocrito, Agesidamo, Eutimo, Nosside, Clearcos, Campanella, Perri, Alvaro, La Cava, Strati... Studia al Mattia Preti di Reggio Calabria. Si diploma al liceo artistico di Napoli e poi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, sezione pittura, alla scuola di Primo Conti. Nel ’40, studente al liceo artistico di Reggio Calabria, è aiuto del maestro Salvatore Cascone, nel ’45 lo troviamo in Toscana, nel ’49 a Milano dove, dopo essere stato per alcuni mesi all’accademia di Brera allievo del Manzù in decorazione, passa al “Beato Angelico” Inizia la sua partecipazione nel campo dell’arte con un “Autoritratto” e un “Ritratto di Signora” all’VIII Biennale calabrese d’arte, a carattere nazionale, nel 1947. Da questa data in poi è presente a manifestazioni d’arte regionali, nazionali, europee e americane dove ottiene premi e riconoscimenti vari.         


Nella sala personale della Pinacoteca e museo delle arti di Locri, dedicata ad Antonio Trifoglio si raccolgono le opere dell’artista, eseguite con diverse tecniche che sono una documentazione del percorso e della maturazione dello stesso. Si va dall’Autoritratto, lavoro giovanile e ligio alle regole d’Accademia, allo studio della Figura Umana, quella Femminile storicizzata in uno spazio definito ed in gesti abituali, al tema religioso, alla natura, ecc.. I temi sono diversi. Tutte le figure femminili, in particolare, sono trattate con una singolare interpretazione. Sono figure scorporate dal peso e di una precisa collocazione storica. Occupano lo spazio ma non lo invadono, sono statuarie, ma non materiali, sono fatte dello stesso colore che definisce lo spazio, sono la sintesi di tutto quanto è storia: l’anfora sulla testa indica il mondo Magno Greco, la sinuosità, l’affinamento delle forme, un continuo incessante passaggio della storia, dove non ci sono turbamenti, ma armonia e pace. Il Nostro ha bisogno di assolutizzare: si muove in forme, colori, composizioni, che hanno diversi aspetti, cangianti e perciò non idonei ad essere fissati in eterno; bisogna come tutti i grandi della storia cercare la nascosta e complessa soluzione dell’eterno. Le figure di Trifoglio riconducono alle Grazie del Botticelli: raffinatezza lineare, preziosità del colore, imperturbabilità delle pose, leggerezza delle forme. C’è in Trifoglio una maggiore geometrizzazione, spiegabile con la necessità di ricondurre la figura umana ad un modulo perfetto e perciò eterno. In uno spazio indefinibile, in un tempo non collocabile, la figura femminile non ha espressioni, si colloca con un’imperturbabile superiorità, che sicuramente traduce l’immagine interpretativa dell’artista. In un contesto storico, in cui l’emancipazione muove passi in avanti, Trifoglio espone, in primis, la sua concezione di donna emancipata. Sembra che la lotta, contro gli uomini, i costumi, i lacci, le superstizioni, la fatica, l’abbiano come smaterializzata, privata del peso e della stessa sofferenza. E’ una lotta ancestrale e quello che rimane, nella fissità della tela, è uno slanciarsi di gambe e di braccia lunghe. E’ una donna dice lo stesso Trifoglio che si libera dalle convenzioni che il costume le ha imposto dalla nascita, cammina, siede al caffè: insomma un essere della Natura. Con l’occhio meravigliato della scoperta, Trifoglio fissa con tratti essenziali e con colore sicuro, questa sua creatura che così si augurerebbe d’incontrare... Altro è la realtà! In un’opera “Cronaca del futuro”, la sua lungimiranza lo porta a preconizzare un inaridirsi dell’ambiente naturale; le nuove e sofisticate tecnologie sconvolgono il volto del pianeta, l’Uomo si sentirà perso, in un insieme di forme che non governerà con la sua mente né col suo occhio. Unico aspetto riconoscibile: la donna che, fissa saldamente al suolo, indica con perentorietà il cammino da intraprendere. In Trifoglio il percorso interiore non è ordinato: una forte tensione morale scombussola le sue immagini, si offrono tormentati confronti, la realtà scompone il desiderio di ordine, la foga è quella di non perdersi in un coacervo d’ immagini, sensazioni, emozioni. Quando trova l’ordine, Trifoglio riesce sapientemente a ricomporre luce, colore e forme che si piegano sotto un regale passaggio di pennello. E’ un’arte complicata, ma che, nel bisogno di totalizzare e universalizzare l’espressione, Trifoglio riconduce a canoni di semplificazione. Quando tratta il tema religioso (si veda l’Annunciazione), lo smaterializzarsi del colore e della forma fa tutt’uno con la spiritualità dei personaggi: Angelo e Madonna. Riproduce ed elabora quell’atmosfera immota e trasognante, sicuramente appresa a Milano, alla scuola superiore d’arte cristiana “Beato Angelico”. L’evento viene vissuto in clima di generale estasi che, per l’artista, è dato dall’Angelo ubbidiente all’Ordine Divino, ma deciso e imperativo con la Madonna che, con naturalezza, anche se con ritrosia, è pronta a ricevere l’Annuncio. Nell’elaborazione mentale il Trifoglio che guarda la Natura è pacato e descrittivo: tutto ciò che si presenta ai propri occhi, appare in forme colorate, definite, scandite. Anche le parti in ombra mantengono la lucentezza della visione. Oserei dire che lo sforzo di Trifoglio è quello di far funzionare l’occhio umano più di quanto sia in grado: si sa che l’occhio è imperfetto, offrire immagini imprecise perciò, con mente vigile, interviene in una correzione che non è semplicemente ottica ma razionale. La Natura per Trifoglio, è una poesia, ricca di forme, si dipana in distese modulate da diverse altezze, con piani articolati di giochi di colori, verdi e gialli, graduati secondo con facce frontali o di scorcio. Una Natura, particolarmente guardata da chi, oltre ad averla impressa sulla retina, l’ha elaborata in un ordine mentale, ove cioè, ogni forma ha una sua autonoma esistenza solo se aggregata a quella vicina e da questo assemblaggio, evoca ed affiora quel paesaggio e solo quello. Il paesaggio fa parte di una spazialità che continua in cieli sinuosi che hanno la stessa andatura delle forme “terrestri”. E’ una fondamentale scoperta che il Trifoglio manifesta: esiste un ordine generale che ha le stesse leggi sia nella presenza delle cose materiali (colline, strade ed alberi), sia nelle forme più evanescenti e lontane (atmosfera, nuvole, ecc.). Per la mente c’è differenza di consistenza materica, per l’occhio che guarda, c’è unità d’immagine. Trifoglio tratta anche l’acquerello: in tale genere produce una trasparenza atmosferica in cui le forme delle “cose” navigano come un iceberg nell’ampio oceano. Per concludere, Trifoglio concepisce l’arte come superba capacità di sfidare il tempo che passa: si legge l’ansia d’individuare ciò che è duraturo, che rimane nei secoli: l’Uomo. Di qui il valore e la testimonianza di documentazione storico- artistica della sua Opera, di qui anche la sua modernità, sì d’annoverarlo tra le personalità artistiche più significative del mondo moderno.